
Ci sono opere che non si lasciano afferrare con facilità, che sfuggono alla trama lineare per rifugiarsi tra le crepe del tempo, tra la luce tremolante dei ricordi, tra il brusio dei sogni. Reverie di Golo Zhao è una di queste. Un graphic novel sospeso, liquido, che si legge come si sfoglia un album di fotografie sbiadite, dimenticate in fondo a una valigia. Il protagonista, Z-Jun, è un giovane cinese trasferitosi a Parigi per studiare cinema. Ma ciò che ci viene mostrato non è il suo percorso accademico né un romanzo di formazione nel senso tradizionale. Al contrario, Zhao ci invita a seguire il suo alter ego attraverso frammenti slegati, visioni improvvise, sequenze silenziose in cui la città si trasfigura in scenario mentale, più che reale.
L’autore rifiuta qualsiasi impalcatura narrativa convenzionale: non c’è un inizio netto, né una conclusione definitiva. Invece troviamo memorie evanescenti, voci lontane, sogni che si confondono con le ombre della vita quotidiana. Ogni capitolo è un frammento autonomo, una piccola rêverie che si accende e si spegne con la delicatezza di una candela. Eppure, in questo disordine apparente, c’è una coerenza emotiva fortissima. Reverie racconta la solitudine dello sradicamento, la malinconia di chi vive sospeso tra due mondi — quello della propria infanzia e quello del presente incerto. Le telefonate con i genitori in Cina, le passeggiate nei quartieri parigini, le visioni notturne, i ricordi d’infanzia: tutto contribuisce a costruire il ritratto intimista di un’identità in frantumi.

Il comparto visivo è uno degli elementi più affascinanti del volume. Zhao alterna acquerelli tenui e sfumati a tavole dal tratto più definito, mescolando registri stilistici diversi come fossero stati d’animo. Le inquadrature spesso richiamano il linguaggio cinematografico — forse un omaggio implicito alla passione di Z-Jun — con zoom improvvisi, dissolvenze, fuori fuoco. La pagina diventa uno spazio mobile, fluido, dove ogni vignetta respira e si dissolve nell’altra. L’uso del colore, delicato ma espressivo, contribuisce a creare un’atmosfera sospesa, quasi irreale. Reverie prende il nome da un celebre brano di Claude Debussy, un pezzo che sia Dominique che Z-Jun adorano e che accompagna idealmente tutta la lettura. Il termine “reverie” significa proprio “sogno ad occhi aperti”, e questa definizione calza a pennello con la natura stessa della storia. Non potrebbe esserci titolo più azzeccato: la narrazione si dipana infatti come un flusso di pensieri, immagini e fantasie che sfumano i confini tra realtà e immaginazione. È un sogno, un’attesa sospesa, un viaggio interiore fatto di sensazioni e impressioni più che di eventi concreti. Merito anche della scelta editoriale di mantenere il titolo originale in italiano, evitando storpiature o adattamenti che avrebbero potuto snaturare questa delicata chiave di lettura.

L’ambientazione è una Parigi malinconica e senza tempo, descritta attraverso scorci di luoghi che i protagonisti percorrono durante il loro incontro. Non è un’epoca definita, ma un tempo sospeso, in cui il passato e il presente convivono in una dimensione onirica e sfumata. Questa scelta conferisce all’intera opera un’aura di nostalgia e di magia, facendo di Parigi un personaggio a sé stante, un teatro perfetto dove si intrecciano sogno e realtà.
Dominique, co-protagonista e musa del giovane scrittore Z-Jun, è una figura delicata e misteriosa. Cresciuta in Francia ma di origini cinesi, studia lingue e cultura del suo paese natale, ma di lei conosciamo poco al di fuori di ciò che emerge dagli occhi e dalla mente di Z-Jun. Nella maggior parte della storia, Dominique vive principalmente attraverso i sogni e le fantasie di Z-Jun, che la trasforma in molteplici figure: ragazza che viene da Marte, protagonista di storie assurde o magiche, presenza che oscilla tra realtà e immaginazione. Questa rappresentazione poliedrica la rende affascinante e simbolica, quasi una proiezione delle emozioni e dei desideri del protagonista, oltre che un ancoraggio per il lettore nella narrazione fluida e frammentata.
La musica, in particolare la Rêverie di Debussy, non è un semplice accompagnamento ma un vero e proprio leitmotiv emozionale e narrativo. Le note di Debussy diventano la colonna sonora di questo viaggio interiore, suggerendo stati d’animo e intensificando la dimensione sognante della storia. La sinestesia che si crea tra la lettura del graphic novel e l’ascolto del brano invita il lettore a immergersi completamente in quell’atmosfera sospesa, fatta di nostalgia, dolcezza, rimpianto e, allo stesso tempo, di una sottile gioia. La musica, così, non accompagna solo i personaggi ma si fa eco dei loro sentimenti e del flusso di coscienza che attraversa l’intero volume.
Non è un’opera per tutti, questo è certo. Chi cerca una narrazione classica, con snodi precisi e un arco evolutivo ben tracciato, potrebbe sentirsi disorientato. Ma per chi è disposto a lasciarsi trasportare dalle immagini, dai silenzi, dai vuoti, Reverie è un viaggio emozionante. Un racconto fatto di piccoli battiti, di sussurri, di luci soffuse che illuminano il volto di un giovane in cerca di sé.
In fondo, come suggerisce il titolo stesso, Reverie è un sogno ad occhi aperti. E i sogni, si sa, non si spiegano: si attraversano.
Chi è Golo Zhao?

Golo Zhao è un artista di origini cinesi molto conosciuto in Europa. Nato nel 1984, si diploma all’Accademia di Belle Arti di Guangzhou e all’Accademia di Cinema di Pechino.Autore prolifico di manhua (termine cinese per indicare i fumetti), realizza la serie Yaya, insieme all’autore francese Jean-Marie Omont, per la quale vince il Premio Scuole al Festival d’Angoulême nel 2012, e Tra cielo e terra. Entrambe le opere sono state portate in Italia dalla Casa editrice Renoir.Annoverato tra gli autori più influenti e celebrati della nuova generazione asiatica, è capace di spaziare con facilità tra generi e ambientazioni diversi.
Si ringrazia sentitamente la casa editrice per averci fornito la copia ARC per questa recensione.